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Sedes Materiea

Voglio qui ricordare agli amici di Castiglioni un grave fatto, accaduto la mattina del 14 maggio 1799 e che avrebbe potuto avere drammatiche conseguenze per il Paese e per le sue limitrofe frazioni. I Castiglionesi attribuirono la salvezza della loro Terra all’intervento del Crocifisso del Gesù, che alcune pie persone pregarono incessantemente e con estrema devozione. In estrema sintesi gli antefatti e poi il fatto. 

Siamo nella primavera del 1799 e le truppe francesi hanno invaso il neutrale Granducato. Il Granduca scappò a Vienna e la Francia insediò un suo governo provvisorio. I nostri antenati, invece di “Libertà, Uguaglianza e Fraternità” – che già avevano in gran parte ricevuto da alcuni anni dal Granduca Pietro Leopoldo – videro violenze, rapine, requisizioni, leva obbligatoria, affronti alla religione. Siccome erano più determinati di noi, il 6 maggio 1799 si ribellarono al grido di “Viva Maria!” e cacciarono i francesi da Arezzo. Per riportare all’obbedienza Arezzo, il governo francese di Firenze ordinò di marciare sulla città ribelle al Generale Jan Henryk Dabrowski, fondatore e comandante della Legione Polacca, un corpo di 4.400 soldati polacchi, esiliati in Francia e alleati dei francesi perché avevano avuto la promessa che sarebbero stati aiutati dalla “Grande Nation” a liberare la loro Polonia, occupata da Prussia, Austria e Russia.

Dabrowski era un patriota polacco, non un mercenario. Non amava scontrarsi col nemico e mettere a repentaglio la vita dei suoi soldati. Pensate che in Polonia l’attuale Inno Nazionale si chiama “La Mazurka di Dabrowski”, a significare quanto sia amato il Generale. Nelle sue Memorie, Dabrowski racconta che non era troppo convinto di andare a scontrarsi con i ribelli aretini, ma che siccome era con la Legione a Perugia e doveva andare verso Firenze, il percorso lo portava ad Arezzo. E Dabrowski partì verso la nostra città.

Arezzo non aveva un esercito organizzato e in grado di scontrarsi con 4.400 veterani polacchi. Ma aveva tantissimi contadini armati di schioppi, con cui andavano a caccia. I Comandanti aretini – Giovan Battista Albergotti e Giovanni Brozzi (abitava alla Villa la FONTINA di Castiglioni) – invece che organizzare una difesa statica, disposero centinaia di contadini tra Vitiano e la gola di Olmo (dove adesso c’è la rotonda). Essi, nascosti nel grano, dietro le siepi, dietro le vigne o i testucchi, aspettarono che passassero i polacchi, per sparare contro di loro e poi scappare nei boschi.

A Rigutino, verso il Rio Grosso (dov’è adesso la Pizzeria) fu predisposta una barricata difesa da alcune decine di contadini. Alla gola di Olmo fu predisposta una grossa barricata, difesa da tanti armati e anche da due cannoni. Dabrowski entrò nella Valdichiana da Terontola il 13 maggio e subito dovette combattere con i contadini cortonesi, perdendo una trentina dei suoi soldati. Provò a prendere Cortona, ma la città, difesa dalle sue alte mura e ancor di più da un centinaio di armati aretini e altrettanti venuti da CASTIGLIONI, resistette. La mattina del 14 maggio la Legione polacca del Dabrowski riprese il cammino verso Arezzo, scontrandosi con alcuni contadini a Tavarnelle e a Montecchio e devastando tutte le case e le ville situate lungo la Strada Regia Romana.

A Castiglioni c’era gran fermento. Chi voleva preparare le difese e resistere ai polacchi, chi invece, constatando che i migliori castiglionesi armati erano rimasti a Cortona, valutava impossibile resistere e quindi auspicava un accordo con il Generale Dabrowski.

Era pacifico che se i Castiglionesi tentavano di resistere e i polacchi dopo averli sopraffatti entravano in paese, tutto il centro abitato sarebbe stato sottoposto a saccheggio e rapina e poi dato alle fiamme. Molti abitanti sarebbero stati passati per le armi. Lo stesso sarebbe avvenuto se il Dabrowski non avesse accettato un accordo. Alla fine, vinsero i propugnatori di un accordo. Tre uomini coraggiosi, che Castiglioni dovrebbe sempre ricordare, scesero verso il Passaggio ad attendere i polacchi del Dabrowski. I tre erano il conte Orlando PAGLICCI, Giuseppe GHIZZI (nonno del noto storico) e Fiorenzo GNAGNONI. Con loro c’era anche un tizio che conosceva un po’ il francese.

Mentre i tre attendevano di poter concordare un pacifico passaggio della Legione, alcune pie persone si recarono nella Chiesa del GESÙ a pregare il miracoloso CROCIFISSO. E intanto, parecchi “coraggiosi” alla chetichella scappavano a Mammi o sul Castiglion Maggio.

Arrivato Dabrowski al Passaggio, i tre ambasciatori castiglionesi gli prospettarono un accordo: lui passava con la Legione fuori dal Paese e loro gli portavano dei viveri e, forse, dei soldi. Dabrowski accettò e fece transitare la Legione per la via del Purgo, fino al Rivaio dove i polacchi ricevettero i viveri concordati. Dabrowski e i suoi ufficiali entrarono in Castiglione e furono ricevuti in Comune, dove il Generale lasciò un suo attestato:

Liberté Egalité

Castiglione Fiorentino, le 25 Floréal an. 7°

Le Général de Division Dabrowski, Commandant le Corps Polonais en Italie, rend témoignage que la Commune de cet Endrois s’est comportée a son Passage de la maniere la plus amicale, et respondant au sistème d’une vraie et juste tranquillité.

Dabrowski 

Ecco quanto scritto dal Dabrowski nelle sue memorie, gentilmente tradottomi dal polacco da Dorota Knapczyk-Mattesini:

“Kastiglione Fiorentino, paese fra le colline e circondato da mura, costretti ad aprire i portoni, dal momento in cui abbiamo cacciato i ribelli dalle loro posizioni circostanti ed abbiamo iniziato i preparativi per attaccare con forza la città. Passando da quella città siamo venuti a conoscenza che soldati sconfitti avevano preso posizione ad Arezzo, con alcuni cannoni, e ci impedivano il passaggio”.

Ripartito da Castiglioni Dabrowski, che ormai sapeva dell’agguato aretino all’Olmo, mandò avanti il suo vice, Colonnello Jozef Chamand, con un’avanguardia che avrebbe fatto finta di andare verso Arezzo. Lui, con il resto della Legione avrebbe invece svoltato verso San Zeno e poi per il Bastardo (oggi San Giuliano) avrebbe preso la via di Firenze. Il Colonnello Chamand partì da Castiglioni verso l’Olmo con l’avanguardia polacca. 

Intanto, il Comando Aretino aveva inviato una decina di giovani a cavallo – comandati da Martino Romanelli di Quarata – lungo la Strada Regia verso Vitiano, per accertarsi di dove fosse arrivata la Legione Polacca. Quando i cavalieri arrivarono verso la via di Ottavo Vecchio, sentirono i tamburi dell’avanguardia che cadenzavano il passo dei soldati. Martino Romanelli decise di nascondersi con i suoi nella piccola strada che oggi porta verso Case Botti, poco dopo il distributore di carburanti.

I cavalieri attesero e ad un certo punto videro avanzare il Colonnello Chamand con l’alfiere e altri due o tre cavalieri polacchi, mentre la colonna preceduta dai tamburi era dietro “a un tiro di schioppo”. Romanelli e i suoi attesero un po’ e quando i polacchi arrivarono vicino al loro nascondiglio, li assalirono scaricando le loro pistole e attaccandoli con le sciabole. Il Romanelli uccise Chamand, che a causa del grande cappello e di una lettera che aveva in tasca indirizzata a Dabrowski, scambiò con lo stesso generale. Nello scontro morirono anche altri polacchi. Intanto, al Ghetto alcuni contadini armati, appostati sulla greppa, sulle case e dietro i muri del vicino mulino ad acqua, scaricarono i loro schioppi sui soldati nemici.

Romanelli raccolse il cappello di Chamand e la lettera e portò tutto ad Arezzo annunciando di aver ucciso Dabrowski.

Intanto, la colonna del Dabrowski arrivò a Rigutino e si scontrò con i contadini appostati alla barricata del Rio Grosso. Vu furono sette o otto morti tra i contadini e altri tra i polacchi.

A quel punto, i soldati polacchi iniziarono una rappresaglia che coinvolse alcuni vecchi di Policiano, Pigli, Pieve a Quarto e Sant’Anastasio. Costoro, siccome erano ammalati non erano potuti fuggire e furono uccisi nei loro letti. Furono incendiate case e pagliai, svuotate le botti del vino, profanate le chiese di Pieve a Quarto e Sant’Anastasio.

Poi i polacchi svoltarono verso San Zeno e anche Arezzo fu salva.

Al Ghetto rimane la memoria di Padre Arturo Buresti, che aveva sentito raccontare dai suoi vecchi dello scontro coi polacchi. E rimangono poche testimonianze ritrovate durante le arature nei campi limitrofi alla strada: un pezzo di elsa di una sciabola, una palla da fucile francese, un bottone di una divisa francese. 

A Castiglioni per tantissimi anni è rimasto il ricordo di questo fatto e il 14 maggio le Autorità civili e religiose, assieme a tanti Castiglionesi, si recavano a ringraziare il Santo CROCIFISSO per l’INNOCUUM TRANSITUM della Legione Polacca del Generale Dabrowski.