RIGUTINO.IT

Sedes Materiea

Negli ultimi anni del XIX secolo, nel 1894, Luigi Vittorio Bertarelli, insieme ad altri appassionati di cicloturismo, fonda a Milano il Touring Club Italiano. Questa società vuole dare un decisivo impulso al turismo, come strumento di conoscenza dell’Italia e tra gli italiani. La montagna, che in Italia copre la massima parte del territorio, è uno degli ambiti necessariamente privilegiati per questa azione culturale. Nel più ampio quadro di uno sviluppo economico non più centrato su agricoltura e pastorizia la montagna diviene rapidamente, per la borghesie cittadine, un luogo “turistico”, destinato alla vacanza, alla cura del corpo e dello spirito. Questo tipo di sviluppo deve subito prendere coscienza delle misere condizioni di deforestazione e di erosione del suolo in cui si trovano – dopo secoli di sovra sfruttamento delle risorse naturali – le montagne italiane, con effetti negativi che arrivano fino alle periferie delle città.

Conte Cesare Ranuzzi Segni

Il conte Cesare Ranuzzi Segni, fondatore della Società Emiliana Pro Montibus et Sylvis.

Per promuovere il restauro forestale delle montagne italiane il Club Alpino Italiano, accogliendo l’idea dei botanici Pierre Chanoux, Lino Vaccari, Henry Correvon e Adolf Engler, fonda nel 1898 a Torino l’Associazione (poi Fondazione) Nazionale Pro Montibus, il conte Cesare Ranuzzi Segni , ritiratosi dal servizio diplomatico, istituisce a Bologna il Comitato emiliano della Fondazione. Il Comitato diventa presto, il 21 maggio 1899, la “Società Emiliana Pro Montibus et Sylvis”, con sede a Bologna.

Lo stesso Ranuzzi Segni chiarì nel 1906 che la Società Emiliana:

«incominciò col proclamare la sua indipendenza amministrativa, indi aggiunse, con ragionevolezza d’altronde da tutti riconosciuta, il termine ¨et Sylvis¨, fece sì propri gli intenti della ¨Pro Montibus¨ torinese ma nel fatto, pure apprezzando la geniale iniziativa del generoso Piemonte, non strinse con la Pro Montibus di Torino nulla più che vincoli federativi»

Insomma, nacque a Bologna una Società “Pro Montibus” a statuto speciale, che per il dissolversi negli anni ’20 della “Pro Montibus” e della relativa Federazione, restò sola sulla scena locale e nazionale. Il territorio montano più vicino alla sede della Società era nelle condizioni ben descritte dall’ispettore forestale De Job nella “Guida dell’Appennino bolognese”, edita dal Club Alpino nel 1881:

«Al taglio sistematico delle boscaglie sui monti, al dissodamento in vasta scala, al pascolo, all’incendio, si aggiunge, nella regione montuosa di Bologna, la natura instabile, franosa, dirutissima delle aree che le argille scagliose, e le marne argillose fanno tristi e desolate colla loro sterilità, e col loro monotono carattere»

E ancora:

«I turni dei tagli pei boschi cedui nel Bolognese sono in generale brevi, poiché si taglia a tre, quattro, sei e sette anni, quando bisognerebbe invece tagliare a 10 anni…; i boschi in grandissima parte sono tenuti a mezzo fusto, od alto ceduo, capitozzati in ogni maniera, per fare vincigli quale pastura iemale pel bestiame. In diverse parti della montagna ai quercioli si leva la scorza per utiliz- zarla nella concia delle pelli»

L’Italia, paese di montagna per quattro quinti della sua superficie, e seconda in Europa solo alla Svizzera per questo carattere, aveva nello stato di degradazione delle sue montagne l’immagine impietosa della sua arretratezza culturale ed economica. La legge forestale del 1877, che aveva svincolato dalle limitazioni d’uso 22 chilometri quadrati di montagna, dei quali 12 erano ricoperti di boschi, era considerata (a ragione) la causa ultima di una degradazione che aveva, comunque, cause secolari. In una pubblicazione, che ha come primo autore Arrigo Serpieri, edita dal Touring Club Italiano nel 1911 vi sono le cifre del disastro: nella regione di montagna, poco più di un quarto della superficie produttiva è coperta da foreste! Quale scarsa quota! Maggior superficie vi occupano, ciò che più stupisce, gli stessi terreni arati e seminati (quasi tre milioni di ettari)! L’Italia appenninica è quella più degradata: nelle montagne della Basilicata il bosco non arriva a un quarto della superficie totale, mentre i campi arati vi raggiungono il 40%! In Sicilia i boschi non raggiungono il 4% del territorio totale!

Era necessario un lavoro enorme di restauro forestale e idraulico, soprattutto intorno ai piccoli paesi che dovevano riconvertire rapidamente il loro futuro. Era altrettanto necessario che si diffondesse la convinzione che questo restauro era una priorità nazionale e che nuove leggi dovevano favorirlo. Si apriva un vasto campo di applicazione delle scienze forestali e agrarie e Alessandro Ghigi è tra i fondatori della Pro Montibus e ne sarà presidente dal 1907 al 1913, e successivamente dal 1952 al 1966.

Lo statuto della Società Pro Montibus et Sylvis esprime chiaramente un programma che vuole fronteggiare l’emergenza ambientale della montagna: prevede, infatti, un’attività tesa

«A favorire il rimboschimento e curare l’osservanza delle leggi sul regime dei boschi, a favorire il miglioramento dei pascoli alpini, a patrocinare l’istituzione di giardini e di arboreti ed esercitare speciale protezione sulle piante e fiori di montagna, patrocinare lo sviluppo in tutte le industrie agricole e silvane, favorire la conservazione e la propagazione degli uccelli utili all’agricoltura e dei pesci che popolano i ruscelli di montagna»

Sulla base di queste finalità, la Società deliberò, nel mese successivo alla sua fondazione, la prima Festa degli Alberi nel territorio emiliano-romagnolo, ponendone la sede a Castiglione dei Pepoli, un paese dell’Appennino bolognese che, proprio sul finire del XIX secolo, stava vivendo un promettente sviluppo turistico legato alle cure termali. In più, era immerso in uno scenario ambientale che sembrava sottrarlo al diffuso degrado della montagna: come scrive il capitano Giannitrapani nella Guida dell’Appennino bolognese già ricordata,

«Castiglione dei Pepoli sembra come annidata in mezzo al verde cupo della foresta. Sorge a 690 metri sul livello del mare, e si dilunga orizzontalmente sul monte, alla metà circa della sua altitudine, dominando l’aperta e bellissima vallata del Brasimone…racchiusa fra contrafforti alpestri e boscosi che si dilungano come immense braccia»

La Festa degli Alberi era stata istituita nel 1898 dal Ministro dell’Istruzione Pubblica Guido Baccelli e quindi, è proprio a Castiglione dei Pepoli che essa ebbe la sua prima attuazione. Si svolse il 27 agosto del 1899 e ne è rimasta una vivace cronaca scritta dal socio Paolo Cisterni. In apertura fu piantato un “albero simbolico” (un pino strobo, Pinus strobus, alto circa 4 m), nel cortile delle Colonie scolastiche bolognesi. Furono pronunciati alati discorsi da parte dell’assessore anziano del Municipio, dott. Arturo Ruggeri, del Presidente della Società, conte Cesare Ranuzzi Segni, e del segretario del sottocomitato castiglionese della Pro Montibus et Sylvis, dott. Vittorio Campi. Un coro appositamente composto fu eseguito dai bambini delle colonie prima della piantagione del pino.

«Prima la patronessa N.D. Elvira Filippa col rustico badile gettava sulle radici una palata di terra, poi il badile medesimo di mano in mano passava a tutti i signori del Comitato, ai bambini delle colonie e delle scuole, alle signore, agli invitati. La scena era gaia, briosa e bella – dall’alto sventolavano i gonfaloni – la musica mandava all’aria liete armonie – ampia si stendeva dinnanzi la vallata amena del Brasimone – dietro nereggiava il castagneto – su tutto irradiava la sua luce il sole»

Di lì a poco iniziarono i lavori di riforestazione di un versante del Monte Gatta con Abies alba e Picea excelsa grazie al finanziamento della Cassa di Risparmio di Bologna. Si forma così “l’Abetaia” che sarà dedicata da Ghigi al ricordo di Ranuzzi Segni, e che oggi è un bosco ben noto a chi frequenta Castiglione dei Pepoli e il Parco Regionale dei Laghi di Suviana e Brasimone.

Nel 1903, come strumento di diffusione delle nuove idee selvicolturali e di gestione ambientale, la Società inizia la pubblicazione del periodico quindicinale L’Alpe. Nella testata in stile liberty, oltre allo stemma societario (un abete), si può ammirare un disegno che riproduce il vivaio forestale di Castelluccio, sopra Porretta, e il riassunto del programma societario: “Rimboschimento, Leggi Forestali, Pa- scoli alpini, vivai ed arboreti alpini, protezione delle piante, industrie alpine e silvane, conservazione e propagazione dell’avifauna utile, piscicoltura”. L’Alpe passò negli anni ’30 al Touring Club Italiano.

Nel 1950 l’Alpe fu acquistata dall’Edagricole e mutò la testata diven- tando Monti e Boschi, fino al 2003, quando fu ceduta alla società “Com- positori” di Bologna, diventando Alberi e Territorio. La pubblicazione è cessata nel 2008.