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Sedes Materiea

Giugno 1288. Eccoci a una delle solite guerre tra toscani. Da un lato c è Arezzo che guidata da un Vescovo battagliero assoggetta città e castelli, dall’altro ci sono i senesi che non vedono di buon occhio i fiorentini, ma che in genere chiudono quest’occhio tutte le volte che i fiorentini organizzano una spedizione contro Arezzo.

Radunati mille fanti e duemila cavalli inizia l’assedio sotto le mura di Arezzo. Cominciano a nascere i primi problemi per gli assedianti. Arezzo risulta imprendibile e inoltre ci si mette anche una bufera di vento e pioggia che straccia le tende degli assedianti, soprattutto quelle dei senesi, e che viene interpretata come “segno di loro futuro male.”

Senonche’, prima di togliere l’assedio, senesi e fiorentini organizzano giostre e scherzi ingiuriosi. Corrono il palio intorno alla città, fanno correre anche dei ciuchi con la mitria in testa “per dispetto e rimproccio del vescovo”. Finito l’assedio i fiorentini se ne tornano a casa passando per il Valdarno e anche i senesi prendono la strada di casa. Si dice che a pochi chilometri dalla cinta muraria di Arezzo c’era una pianta così vecchia, celebre e frondosa, da giustificare con il proprio nome la località che aveva l’onore di ospitarla: l’ Olmo.

Come detto sopra i senesi guastano le campagne circostanti e all’Olmo abbattono la pianta in segno di spregio nei confronti degli aretini. Mentre i senesi si ritirano, quest’ultimi preparano una sortita e li attaccano in forze alla Pieve al Toppo. La sorpresa generò caos e confusione nelle file senesi. Ci furono vittime illustri. Ranuccio Farnese, insieme ad altri rampolli delle principali famiglie senesi, perse la vita. L’esercito allo sbando cercò riparo un po’ ovunque ma da un lato c’era la palude, dall’altra parte le truppe aretine che si stringevano sempre più attorno ai nemici.

I senesi in rotta si dispersero in gruppetti e così ebbe inizio la parte più cruenta della battaglia. Andò in scena una autentica caccia all’uomo e a dare man forte alle truppe aretine arrivarono anche i contadini del posto. Armati di forconi e arnesi da lavoro massacrarono quanti trovarono sul loro cammino. Da qui il nome de le  “Giostre del Toppo”.

A fine giornata il campo di battaglia contava qualcosa come 500 morti, tutti di parte guelfa. Minime, se non addirittura nulle, quelle di parte ghibellina.

Anche Dante si ricorda di questa storia, quando visita l’inferno e trova tra i dissipatori (coloro che sono inseguiti e azzannati da nere cagne) un certo Ercolano Maconi, senese, detto Lano, rimasto ucciso in quella battaglia. Secondo la tradizione si tratterebbe di un personaggio tra i più illustri e ricchi di Siena che avrebbe sperperato la propria fortuna tra feste e orge.

«Quel dinanzi: “Or accorri, accorri, morte!”. 
E l’altro, cui pareva tardar troppo, 
gridava: “Lano, sì non furo accorte 
le gambe tue a le giostre dal Toppo!”.»

 

(Inferno XIII, vv. 118-121)

Nel 1968, volendo ricordare il bell’ olmo che fu abbattuto, fu ripiantato proprio dove stava e precisamente al vecchio incrocio della superstrada con la statale senese-aretina e la statale 71 umbro-casentinese. Chi ha qualche anno, si ricorda che era prima del vecchio semaforo. Venne posato anche un cippo (in bella vista e allora visitabile alla lettura) con lapide in marmo che diceva: “L’olmo che dette il nome alla frazione, abbattuto dalle milizie senesi in fuga il 12 giugno 1288, è qui risorto, a iniziativa degli amici dei monumenti, e la collaborazione del Comune di Arezzo, dell’ispettorato forestale, dell’ Anas, 1968”.

Un bel gesto di ricordo, tenacia, attaccamento e appartenenza alla propria terra. Come detto sopra, negli anni successivi, la viabilità è stata modificata e l’albero del 1968, nuovamente abbattuto e ripiantato attualmente al centro della rotonda. E il cippo con la lapide?

Questo articolo si chiama l’angolo della cultura, ma sarebbe più opportuno chiamarlo. . . la cultura in un angolo. Infatti il cippo, rimane appoggiato nel lato Olmo-ingresso galleria, in un piccolo spazio destinato al passaggio dei mezzi e persone per la manutenzione del tratto ferroviario senza la lapide in marmo. 

Voglio sperare che si tratti di una deplorevole dimenticanza, ma forse nessuno sapeva che c’era, cosa rappresentava, ma chi lo ha fatto togliere o chi lo ha tolto, si.

Quindi cari Amici dei monumenti, Collaboratori del Comune di Arezzo, Ispettori forestali e Anas, secondo me è il tempo di far ricollocare il cippo nel luogo che merita, visibile e leggibile, vicino al ghibellino più famoso caduto nella battaglia del 12 giugno 1288: l’olmo.

 

Gustavo Cavallini