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Sedes Materiea

VASSENE IL TEMPO E L’UOM NON SE N’AVVEDE
un verso del IV canto del Purgatorio della Divina Commedia nel quale Dante riesce, come al solito, a sintetizzare un concetto: il tempo passa tanto veloce che non ce ne accorgiamo. Quante volte ripensando ad un evento esclamiamo: ma come, sono passati già così tanti anni? E solo voltandosi indietro e ripercorrendo, anche se solo in parte le cose fatte, ci rendiamo conto del tempo che è passato. Ma la definizione del tempo ha messo in difficoltà grandi pensatori da Arisotele a Sant’Agostino, da Kant a Einstein. Aprire un dizionario e vedere che lo spazio dedicato alla sua definizione supera molto quella delle altre parole del dizionario.

Secondo la mitologia greca il Tempo (Kronos) era nato da Gea (la Terra) e Urano (il Cielo). La cultura cristiana fa risalire l’origine del Tempo dalla creazione del mondo (prima c’era il caos). L’esigenza
di misurare il tempo può essere fatta risalire all’era in cui l’uomo si trasforma da cacciatore-raccoglitore ad agricoltore-allevatore e sente il bisogno di organizzare la propria vita quotidiana. Per misurare il tempo ci voleva un punto di partenza della misura, una cadenza di eventi misurabili, ripetitivi e uniformi, con un inizio e una fine, una quantità campione ben individuata (unità di misura) e uno strumento capace
di catturare e conservare il ritmo di questi eventi (marcatempo).
L’uomo della preistoria si accontenta di trovare un punto di partenza di un ciclo controllabile per misurare la durata complessiva o al massimo delle singole fasi (il ciclo diurno).

Occorreva però un’unità di misura di riferimento, qualcosa di uniforme e immobile, presente in natura da paragonare all’entità da misurare. Il fenomeno che attrasse l’attenzione dell’uomo e che si ripeteva sempre uguale e senza fine fu il moto (apparente) del sole e della luna soprattutto, ma anche degli altri astri visibili. L’uomo si rese conto che da questo moto del sole dipendeva l’alternanza del giorno e della notte fu questa la prima suddivisione temporale di cui sicuramente egli prese coscienza. La notte c’erano la luna e le stelle che mutavano le loro posizioni. La misura del tempo notturno però era più complessa e richiedeva competenze più elevate e meno intuitive. Di notte solo persone veramente esperte erano capaci di leggere l’ora dalle stelle, pertanto l’operazione era delegata agli astronomi egiziani con i loro orologi stellari.

Fu sempre nel periodo antico che l’uomo, dopo aver scoperto il modo per misurare il tempo diurno (giorno), dividendolo in due grandi periodi (notte e di) e delle sue frazioni (ore) misurabili con le ombre solari scoprì anche l’esistenza di altri periodi più lunghi, multipli del giorno, per misurare i quali però servivano riferimenti e metodi meno elementari del solo moto diurno del sole.

L’uomo si rese conto che anche il moto regolare della luna poteva essere usato per misurare periodi temporali. La luna pur essendo presente quasi tutte le notti assumeva posizioni e forme diverse (le fasi lunari). Queste posizioni si ripetevano nel tempo e dopo un certo periodo la luna tornava ad avere in cielo le stesse posizioni e questo si ripeteva regolarmente ogni 29 giorni (mese lunare). L’uomo capì anche che ogni 12 cicli lunari l’ambiente Circostante presentava lo stesso aspetto e gli esseri viventi tendevano a ripetere gli stessi comportamenti istintivi. Aveva scoperto il concetto di anno lunare. Non deve essere stato difficile capire che anche il sole nel suo moto apparente tendeva ad occupare le stesse posizioni nel corso dei diversi periodi del suo ciclo. L’uomo aveva preso cosi coscienza anche dell’anno solare, suddividendolo successivamente in 12 frazioni: i mesi.

La scoperta è fatta probabilmente dai Sumeri, un popolo della Mesopotamia, culla di antichissima civiltà. Nacque il bisogno di avere un calendario. Il primo calendario è attribuito ai Sumeri che avevano suddiviso l’anno in 12 parti (mesi) di 30 giorni ciascuno, forse partendo dai 12 cicli lunari in cui si articolava il più ampio ciclo annuale e dai 29 giorni circa di ciascuna lunazione. Anche il ciclo solare però si ripeteva ogni 365 giorni circa e si prestava ad una suddivisione in mesi della durata di 30 giorni. Non sappiamo perché abbiano usato per queste suddivisioni i numeri 12 e 30 ma sono entrambi numeri molto particolari, sono infatti numeri divisibili senza resti per diversi numeri minori e in grado quindi di fornire una serie di sottomultipli notevoli (il 12 pur essendo piccolo è divisibile per 2, 3, 4 e 6. Il 30 a sua volta è divisibile senza resti per 2; 3, 5, 6, 10 e 15. E pur non avendo certezze, appare molto efficace nel piano pratico. E viene da pensare che i Sumeri non l’abbiano fatto apposta. I Sumeri per primi (3000 a. C.) suddivisero la durata del giorno in 12 frazioni, scoprendo COSI il
concetto di ora. I primi documenti sulla misura del tempo provengono dalla Mesopotamia. Insieme ai Sumeri c’erano anche i Babilonesi cui dobbiamo molti documenti da cui si evince l’antico interesse per questi popoli per l’astronomia e per le misure astronomiche.

Bisogna giungere agli antichi egizi per trovare documenti dei primi dispositivi naturale e dei primi meccanismi artificiali: la clessidra; gli orologi stellari, le prime meridiane e orologi solari, orologi monumentali e orologi portatili. Anche presso i Cinesi esistevano orologi ed acqua. Gli orologi stellari e solari erano in grado di catturare il tempo direttamente dalle stelle o dal sole al suo culmine individuando il mezzodì, il momento in cui l’ombra assumeva la sua dimensione minima. Osservando dunque l’ombra di un obelisco, l’intervallo fra due culminazioni successive del sole misurava la durata del giorno. Le 12 suddivisioni orarie erano già note fra i Sumeri. Più tardi gli Egizi trovarono più pratico dividere il giorno in 24 ore invece che in 12, articolando la suddivisione in 12 ore di buio e 12 ore di luce.

La divisione delle ore in 60 minuti di 60 secondi, che usiamo ancora oggi, è dovuto al sistema numerico usato dai Babilonesi, che era sessagesimale (con base 60, derivante dall’uso dei Babilonesi di contare fino a 12 con una mano e poi cinque dozzine con le dita dell’altra mano, potendo contare cosi, con le due mani, fino a 12×5=60) e non il nostro sistema numerico decimale (con base 10).