Io non l’ho mai vissuta, ne ho solo sentito parlare e letto dai libri, ma un altro conto è viverla. Fra le altre cose mi propongo di capirlo andando a visitare Cuba e arrivato a l’Avana non ho perso tempo ad andare in giro a curiosare, cogliere ogni particolarità di vita.
La cronica mancanza di risorse da quando l’unione sovietica, alleata e sponsorizzatrice di Cuba, è andata in fallimento, non permette grandi spese sociali (non c’è più trippa per gatti). Le persone vivono del poco del loro lavoro (non esiste disoccupazione, si guadagna molto poco ma tutti lavorano) e di piccoli espedienti per arrotondare i magri stipendi: chi ha la fortuna di avere una macchinetta del caffè si improvvisa barista per strada, chi ha un frullatore serve Batida ai passanti, frullato di frutta molto buono, tutto per qualche centesimo . . . ma in mezzo a tutta questo vivere di poco nessuno compie atti fuorilegge quali scippi, furti, la repressione è tale che a nessuno conviene rischiare e poi cosa c’è di valore in giro da rubare? forse qualche gallina, niente di più; io mi sono sempre sentito tranquillo nel mio girovagare, mai alcun tipo di problema a parte l’inquinamento.
Ma non mi basta la capitale, vado a visitare altre città e le campagne, anche qui trovo una vita semplice ma dignitosa. Se però cerco di parlare con la gente della situazione politica mi trovo di fronte ad un muro e nessuno si sbottona, anzi dice che sta bene abbassando gli occhi. Sento la paura di parlare, le spie e le delazioni devono essere dappertutto, mi sento come oppresso da una cappa di piombo, faccio fatica a respirare mentalmente, tutto scorre su binari definiti. Qui parlare troppo o contestare porta a brutte situazioni, meglio glissare.
Ma facciamo un passo indietro: come era la situazione prima della rivoluzione del 1959? L’isola era in mano a mafia e affaristi americani che depredavano ricchezze sfruttando il territorio e la popolazione. Quest’ultima non aveva alcun tipo di diritto, non aveva scuole ne tantomeno ospedali o biblioteche, i neri non erano considerati persone. Vigeva la schiavitù, la fame e la povertà più completa. Con Fidel Castro è stata abolita la schiavitù e dato parità di diritti e sussistenza, oggi ci sono scuole e ospedali per tutti e gratis per giunta. Ma io sono troppo curioso e chiedo di entrare a vedere le scuole: sono subito accontentato e vedo che in effetti l’istruzione è garantita e anche di buon livello. Gli studenti vestono tutti alla stessa maniera, non c’è distinzione di censo come da noi. In una lavagna delle elementari la maestra scrive la data del giorno: anno 58 della rivoluzione. Nel ventennio in Italia scrivevamo anno dell’era fascista, semplice assonanza?
Nel mese che ho passato in giro per Cuba è deceduto Fidel Castro. E’ morto senza essersi arricchito, mi dicono che ha vissuto in un normale appartamento e ha condotto una vita semplice senza rubare nulla al popolo come solitamente fanno i dittatori. Unico vezzo: i suoi figli hanno studiato nelle università USA. Ho visto passare il suo feretro con le ceneri per le strade cittadine sopra un semplice carrello trainato da una jeep, in silenzio. Un funerale molto pacato e umile senza fanfare, la gente molto composta ha rivolto un saluto caloroso applaudendo a chi, in definitiva, ha dato dignità a una nazione sfruttata e depredata elevando il popolo a migliori condizioni, pur privandola di qualcosa. Stretto nella guerra fredda fra Russia e USA ha dovuto fare delle scelte.
Seduto a 9000 metri di altezza nell’aereo che mi riporta nella realtà italiana mi domando dov’è la verità e quante facce può assumere una dittatura. Alcune facilmente riconoscibili, altre sotterranee ma non tanto diverse nel fine di far diventare il popolo un gregge. Magari facendogli credere di essere liberi, democratici e di stare bene.